Sunday 13 January 2013

Lo psicologo affarista

I propositi le intenzioni, la filosofia e l'agire della criminalita' organizzata pugliese sono permeati sempre piu' da un miscuglio di valori che richiamano alla mente le analisi antropologiche sulla mafia. Poco possiamo dire sulla n'drangheta e sulla sacra corona unita poiche' la ricostruzione fatta dalla giustizia e dai media, non permette di estrapolare un contenuto coerente ed il discorso criminale che lo supporta come e' stato invece fatto per la mafia con il maxi-processo. Infatti il maxi-processo e' stato prima di tutto uno studio antropologico che ha inevitabilmente messo in luce tutte le aberrazioni di una societa' che non aveva un futuro e non poteva darne alcuno, ma era solo distruttiva di se stessa.

Il discorso criminale vissuto ogni giorno in provincia di Taranto e' altamente censurato, se si pensa  che in questa porzione di Stato Italiano hanno avuto vita i vari intrecci della criminalita' del sud Italia che hanno macchiato con feroci delitti la vita della prima e della seconda Repubblica. Tale discorso vissuto in primis non e' intellegibile sui media tradizionali, quali carta stampata, TV ecc e forse ad essere maligni si potrebbe affermare che tale azione di censura sia voluta come fosse la sacra corona unita o la camorra una forza illuminante che da' propulsione all' economia di una zona che e' disastrata ecologicamente, economicamente, socialmente e che non esistano alternative ma quella di adattarsi al pensare distruttivo di tale organizzazioni criminali.

A pensare che  l'evidenza negata possa ricondurci al discorso omertoso mafioso e quindi ci metta in condizioni di ricostruire una realta' negata poiche' troppo dolorosa per essere vissuta e per essere vera. Eppure e' inesistente tale dolore nelle menti piu' allenate a condannare la perversione umana: ogni indugio sulle responsabilita' del crimine grava sulla societa' come religiosa accettazione dell'impossibile, per cui si rende necessario prendere le distanze da tale visione mistica e medioevale del diritto.

La camorra a Carosino (TA) impiega i cosidetti "psicologi di quartiere" per rassicurare della normalita' la popolazione locale ed ammorbidire le menti al crimine come cosa dovuta e naturale.

 In verita' tali psicologi sono dei balordi che non hanno nessun specifico titolo per professare psicologie o per esercitare alcuna professione che implica igiene mentale o disagio psichico. 

Sono chiaramente individui che provengono da famiglie camorristiche o n'dranghetane o della scu con precedenti penali, oscurati dalle forze dell'ordine. Hanno collaborato nel tempo ad azioni criminali a danno della popolazione per arricchirsi in maniera indebita, ed in alcuni casi ne hanno fatto una fede di vita poiche' hanno ceduto all' istinto animale represso nelle pieghe delle loro menti. Ma tali individui sono pericolosi per la societa' poiche' e' dato loro accesso a violazione di privacy e di proprieta' privata per alimentare insicurezza e malafede e malignita' negli ambienti paesani.

Ma vediamo da vicino chi e' lo psicologo di quartiere.

Lo psicologo di quartiere e' colui che viene abilitato da poteri locali a mediare, intromettersi nelle questioni familiari, a far apparire o negoziare senza alcun titolo a fare cio', a falsificare o plagiare: un vero e proprio stato di cose nello Stato di diritto.

Sono tipiche le intrusioni devastanti dello psicologo della camorra negli affari familiari altrui o nelle faccende di business, poiche' per la camorra carosinese a determinare le relazioni di potere tra colui che agisce e l'azione diretta all'oggetto o soggetto e' solo ed escusivamente la "legge dello stato delle cose apparenti" o illusorie e non quello di diritto. In questo modo e' facile per lo psicologo alienare il sociale e la solidarieta', offuscando l'emarginazione, l'abuso, la mancanza di liberta' personali ed universali come quella dell'essere nati liberi ed eguali in dignita' e diritti.

Lo psicologo di quartiere della camorra generalmente accusa lo Stato di diritto della mancata cura nei confronti dei cittadini, tipica retorica mafiosa che ricorda le avventure mafiose sociali siciliane finite con un bel di niente di positivo. Lo psicologo infatti e' sempre pronto a dimostrare che lo Stato e' il vero nemico ed invece lui e' quello a cui devi dire "grazie" forte del fatto che lo Stato di diritto non potra' rispondere con un'azione incisiva contro il suo plagio. Il plagio o la riduzione in schiavitu' infatti non sussistono come condizione oggettiva dell' essere non avendo tale reato una rappresentanza di diritto a qualsiasi livello nel governo della giustizia dello Stato italiano. La camorra carosinese e' protetta da questo patto tra essere e divenire non definito dallo Stato di Diritto ma ricostruito nelle pieghe della vita sociale del crimine organizzato di un paese che di idilliaco ha ben poco.

Lo psicologo camorrista ha pochi ingredienti per le sue magiche rappresentazioni di vita sociale: utilizza la "maschera" come metafora delle sue prescrizioni mediche. Pochi ingredienti ma certo di un successo immediato per le sue magicita': la maschera dell' io piu' intimo in cui  l'essere che e' stato plagiato e ridotto in schiavitu', non avendo piu' una rappresentanza di diritto  esterna a se stesso, fugge la propria condizione. L' individuo plagiato ricreando l' io non puo' piu' fare tali accuse ed ammissioni nel sentirsi abusato ed usato e puo' solo tradire, abusare e quindi plagiare un' altro individuo illuso dall' inesistente giustizia. Si ripercorre cosi' la famosa dualita'  tra il bene del potere materiale e simbolico contro la ricreazione di un "male" che da situazione di disagio mentale indotta volutamente nell' individuo si manifesta attraverso un isolamento economico o sociale esterno.

L' induzione al disagio mentale non puo' avvenire comunque in assenza di tempo, ossia non puo' presentarsi come stato a se stante nell'individuo razionale che vive e si adopera per difendere lo Stato di diritto, ma si manifesta sicuramente nel tempo, attraverso una continua violazione dei principi che riconducono alla dignita' e liberta' dell' umano essere. Cosicche' se e' difficile per l'individuo plagiato dover ricostruire esternamente l'immagine di se stesso e' comunque altrettanto piu' facile dimostrare come gli eventi nel tempo puntano alle "corresponsabilita' del camorrista" che in una organizzazione criminale ben piu' vasta ricrea il se stesso come individuo autorizzato all' induzione disconoscendo gli effetti devastanti delle proprie azioni.

Le corresponsabilita' dei cosiddetti psicologi della camorra devono essere ricercate non verso il reato di plagio ma verso altri reati che "inducono" il plagio, ossia violazione della privacy, stalking, violazione di domicilio, abuso d'ufficio, atti illeciti con la cosa pubblica, manomissione di atti pubblici che portano ad una ricchezza indebita e non documentabile del camorrista e di coloro appartenenti alla sua stessa cosca.

Sunday 4 November 2012

Il buono ed il ricchione


Negli ambienti  della camorra in provincia di Taranto, vi sono due figure contrapposte che in assenza totale di governo centrale, governano , mediano, stabiliscono le relazioni tra cittadini ed istituzioni.

Queste due figure sono il "buono" ed il "ricchione". L’aggettivo “buono” e’ utilizzato tipicamente negli ambienti mafiosi della provincia di Taranto per indicare le qualita’ di individui di cui ci si puo’ fidare nelle cerchie mafiose.

L’ individuo indicato da un mafioso come “buono” e’ un individuo che copre l’azione di cittadini legati ad aspetti mafiosi o ad aspetti di malavita. “Buono” e’ anche il tipico individuo mafioso che procura danaro illecito o altri favori dubbi per favorire una certa relazione oscura tra cittadini e Stato; “buono” e’ anche il tipico faccendiere mafioso che oltrepassa meritocrazia, Stato, forze dell’ordine per poter ritornare favori alla cerchia di una comunita’ mafiosa.

Il "buono come un pane" vecchio detto mafioso contrapposto al "ricchione" ossia a colui che collabora con la giustizia ma sara' per sempre sconfitto e quindi convinto della propria ricchezza ne rimane illuso poiche' la camorra lo penetrera' nell'ano a sua insaputa. E per cui "lu ricchione" e' un individuo apparentmente convinto della sua innocenza ma che agli altari della giustizia camorristica sara' condannato dalla solita ed unica sentenza che lo vede sempre "condannato poiche' era lo stesso imputato a volerlo" . Quale perversione puo' essere cosi' enorme e non documentata da sfuggire agli occhi della scienza e capace di vivere nell' uomo nel dirsi convinto e contento del voler essere sopraffatto, ingannato ed abusato ?

L'evidente costruzione del reato resta con il potere poiche' futile e' ogni tentativo di salvaguardare i propri interessi poiche' lo stato delle cose e' profondamente illusorio. La giustizia della camorra e' apparentemente sana, efficiente e non dispendiosa, ma teme profondamente le scienze: per la camorra lo stato delle cose non puo' appartenere ad un'ordine reale ma puo' solo essere circonstanziale. Il "ricchione" puo' essere "pazzo" o "pagliaccio" mentre il "buono" passa inosservato poiche' a proteggere le relazioni con il pubblico e' il corto circuito tra istituzioni dello Stato e l'organizzazione criminale ai danni dello Stato.

La ricostruzione dello stato reale delle cose fatta dal "ricchione" e' sempre futile, ingannevole o riporta sempre un punto di vista non autorizzato poiche' non validato precedentemente dalle relazioni tra Stato e criminalita' organizzata. Infatti non esiste una ricostruzione dei fatti come tale nelle zone ad alta percentuale di criminalita' poiche' gia' pervertita al suo nascere dal mal'inteso, dalla mancata testimonianza, dall'ineffabile mancato ascolto corretto da parte del "ricchione" : il "ricchione" mai capisce cosa e' stato detto tra le parti.

La relazione tra il "ricchione" e lo stato delle cose apparente risulta cosi' "viziata" sin dall'inizio, al suo nascere nulla figura come tale poiche' lo Stato e' assente intento a salvaguardare gli interessi dei suoi cittadini "buoni" mentre per i "ricchioni" resta solo l' illusione di essere proprietari del nulla.

La Puglia e' una linea di confine tra lo Stato ed una terra ove la voce liberta' non ha significato, poiche' lo stato delle cose e' profondamente illusorio.

Energie senza confini


Contro la proliferazione a dismisura delle rinnovabili nelle terre pugliesi.
Il pannello solare, questo sconosciuto ai contadini, cosi' misterioso, cosi' pulito e surreale. Il pannello solare e' merce di scambio su mercati fittizzi, capace di dare valore alle cose terrene, cosi' come e' capace di togliere quel poco di valore senza negoziazione alcuna.
Il nuovo oro, che assorbe energia senza confini, misura equivalente generale facilita lo scambio della terra negando il suo vitale valore.
Vitale per la sopravvivenza di popolazioni locali.
Il pannello solare facilita l'annullamento simbolico ove la produzione ed il valore della terra non sono piu' legati al lavoro ed il suo prezzo di mercato.
Il pannello solare sgancia inoltre l'ambivalenza lavoro-produzione facendo fluttuare incondizionatamente i valori dei beni immobili, accelerando la strutturazione di nuove leggi di mercato che negano i bisogni e procedono scardinando inesorabilmente il valore d'uso delle merci, annientando cosi' una volta per tutte i valori referenziali che le comunita' necessitano.
In questa nuova iper-realita' le due contropartite lavoro-produzione si confondono; il lavoro che e' referente tradizionale del valore delle merci ha sempre avuto una finalita' che si iscrive nella produzione e nelle merci. Con la perdita del valore reale del lavoro agricolo si perde anche la direzione della produzione e si avvia il controllo sociale delle masse.
Infatti svuotato del suo valore, il lavoro si specchia nella produzione come la produzione nel lavoro. Si riflettono a vicenda ed essendo speculari non hanno altra finalita' che quella di creare il valore stesso che li governa. E non hanno nessuna altra finalita' se non quella di creare quella specularita' vuota della struttura che li annoda.

L' altezza


Tra gli idiomi utilizzati dalla mafia vi e’ l’altezza’. Per un mafioso un individuo non e’ alto quando non e’ mafioso o non lo vuole diventare.
L’altezza, utile attributo per apparire. Resta molto complicato comunque dover spiegare l’altezza mentale, e forse dovremmo utilizzare una scala metrica. Basterebbe invertirla per poter poi parlare di regressione dell’intelligenza e di un vedere sempre piu’ illuminato. La trasparenza allora, potrebbe non avere altezza, le ombre sono chiaramente visibili e per cui discutendone possiamo valutare. La valutazione dell’altezza intesa come liberazione dall’ambiguita degli oggetti fisici e mentali, e’ stata dibattuta nel tempo. Come potrebbe un bambino afferrare la costante scivolosa ambiguita’ degli oggetti se non con la metafora? Allora, il parlare mafioso e’ sicuramente primordiale: la metafora ingabbia, il simbolo inganna. Non trasliamo liberamente un concetto con metafore, poiche’ gli oggetti scivolano dalla nostra attenzione. L’essere umano mostra un livello di attenzione e di uno solo potrebbe parlarne. Immaginiamo cosa significhi veramente dire: "rifletto sul fatto che rifletto" senza pronunciar parola. Mentre sembra piu’ umanamente possibile notare l’oggetto mentre se ne riflette l’uso e le circostanze che ne hanno determinato l’esistenza. Allora si potrebbe parlare di una mafiosita’ storicamente nulla. L’ideologia non avendo storia ne fagocita l’esistenza: cosi’ e’ sempre stato.
L’altezza puo’ allora sfuggire tra varie mafioserie. E si sente dire davvero: non essere all’altezza. Non capire, non afferrare il giusto senso delle cose, essere fuori dal giro, essere estraneo, l’alienazione dell’ ermeneutica sempre nascente, ossia nulla. E potrebbe essere solo questo: un inganno della mente in una comunita’ che sfugge il proprio essere. L’altezza intesa come intelligenza e’ vana poiche’ multiple intelligenze evolvono in un singolo individuo, variano con il variare della percezione degli oggetti, ma l’intelligenza dovra’ necessariamente legarsi alla storia. L’altezza e’ anche primitiva, se ci si posiziona guardando verso un futuro immediato; l’altezza e’ quindi degli esseri cosi’ definiti superiori in una data comunita’. Il potere ne conosce l’uso per tale metafora e sa ben dosare le altezze relative.
L’altezza non e’ quindi universale, una cosa, per cosi’ dire scientifica, almeno per quella di cui ne possiamo parlare ora, in questo istante, senza scale metriche.
E’ indubbiamente una definizione che sfugge al nuovo arrivato, al diverso; infatti possiamo essere certamente sicuri che con il potere magico delle metafore possiamo anche non parlare della stessa altezza. La storia dell’uomo e con essa l’esperienza del vivere pervade la metafora. Allora si trattera’ di intravedere in una "pratica delle altezze" la possibile realizzazione dei nostri pensieri desiderosi di altezza piu’ che di cercarla attraverso i nostri sensi in una definizione linguistica.
La mafia impone per questo l’interpretazione delle metafore, con i suoi simbolismi, le procedure violente, l’efficacia della morte, la perversione della mente disumana che non coglie l’effetto devastante della mancata applicazione delle metafore al di fuori dell’esperienza. Il bambino impara le metafore precocemente. L’esperto maestro ne facilita l’uso nella vita, e trasparentemente integra l’esperienza puerile con la didattica facendo leva sulla metafora. La mancata capacita’ nel relazionare le metafore e’ vissuta poco gradevolmente dall’infante, e con molta caparbieta’ il maestro non vedra’ le limitazioni della didattica in questo senso. La mancata possibilita’ di traslare o applicare le stesse metafore in contesti diversi e’ vissuta dall’infante come una scoperta, per l’adulto come una limitazione della propria esperienza, per il mafioso questo avra’ un effetto traumaticamente aberrante. In realta’ le metafore sono legate al contesto che le genera.
Quest’ idioma, per cosi’ dire chiave, per l’essere mafioso, cosi’ indiscussamente ricercato tra le varie caratteristiche degli individui potenzialmente mafiosi, poco affidabile dal punto di vista linguistico poiche’ non cede ad una costante nel tempo e’ gia sempre pieno di una carica espressiva. L’altezza degli aristocratici, cosi’ reverita nel tempo, ha sempre avuto una origine oscura per il popolo che con i suoi simboli, tradizioni, consuetudini ne ha rafforzato il significato. Essere potente significa quindi anche ’essere alto’ e non necessariamente nel significato di avere una determinata statura ma nel senso di essere in grado di vedere chiaro, essere lungimirante, avere caratteristiche peculiari a coloro che in passato hanno prodotto ricchezza ma probabilmente anche nel senso di essere la chiave dei segreti inconfessabili per elevarsi in altezza.
Essendo la natura dell’uomo che ha potere su altri uomini perversa, e definitivamente anche ambivalente. Cosi’ come l’emozione, il cui significato si perde nei tempi che ne determinarono l’esistenza in essere, l’altezza dimostra l’ inefficacia nella violenza della propria espressione.
Per il mafioso, il tempo memorabile, regno delle passate illusioni, e’ solo dei tardivi o di coloro che non colgono tale essenza. L’origine dell’altezza e’ quindi inscritta tra sguardi, emozioni, illusioni, evanescenti situazioni, ambiguita’ di informali codici di vita urbana, misinterpretazioni, vanifica l’esistenza con il trionfo dell’ideologia. E’ ormai arcinota l’espressione con cui un mafioso si difende una volta vista l’impossibilita’ dell’esecuzione maestrale delle sue metafore: "mi scusi ma non capisco", "mi scusi ma non ricordo".
Il mafioso (e qui si legga camorrista, ndranghetano e l’affiliato o il simpatizzante di tutte le altre associazioni non libere che hanno scopo di lucro con l’uso coercitivo della volonta dell’individuo") profondamente indottrinato non riconosce nei rituali giornalieri i propri limiti esistenziali, discredita colui che lo aiuta a verificare l’esistenza del pensiero ideologico nel suo parlare. Per il mafioso, allora, la scuola reale dove si legge, si impara, si discute, si critica, sara’ tutta una perdita di tempo poiche’ il solo "do ut des" regna tra le parti.

Il fare


La mafiosita' dell'individuo e' legata al suo fare.
La ndrangheta, la sacra corona unita, la camorra ed altri tipi di organizzazioni criminali che in anni recenti hanno stabilito sede permanente in Italia riportano al centro la filosofia del "fare", lasciando ai margini l'azione e l'incisivita' del soggetto sull'oggetto e la relazione lavoro-uomo-oggetto. La capacita' di agire e far agire i suoi consimili mafiosi in armonia con le dottrine che gli avi di costoro hanno originato e tramandato nei secoli scorsi e' il cardine della mafiosita' ed indubbiamente l'idioma piu' comune.
Il fare mafioso non e' il risultato dell' agire del soggetto mafioso sull'oggetto. Non e' la proiezione del linguaggio, la storia e l'esperienza dell'umano essere sull'oggetto, ma una retrocessione dell' intelletto a pregressi stadi di coscienza. Il fare e' l'idioma per eccellenza che contraddistigue il mafioso nei vari ranghi e nelle infime tessiture politiche mafiose. La sua espressione e' sempre carica di mascolinita'

Il 'fare' e' alla base dell'economia mafiosa. Tale idioma contraddistingue 'l' uomo mafioso' dall'uomo che mai realizzera' se stesso.
Il maschio mafioso e' proliferatore quindi dotato, virile, capace, degno d'altezza e si delinea dall'uomo non-mafioso per il suo fare. Il maschio mafioso conosce gia' sempre la vita, poiche' la stessa e' inscritta nell' azione dei suoi avi e rimane immutabile e persistente. Il suo saper fare e' indiscusso ed autorevole, anche le universita' o i luoghi di eccellenza del sapere sono indiscutibilmente sottomessi al suo fare violento. Un laureato di ritorno dai suoi studi, dovra' necessariamente essere sottoposto e controllato da una serie di individui volti a giudicare il suo operato.
Se il fare mafioso e' fruttifero, quello non-mafioso non e' associato al positivo. Indispensabile la negazione del fare non-mafioso al limite della violenza sia fisica, psicologica o di natura sessuale, mai giudizioso o soggetto ad una pubblica partecipazione delle parti.
La segretezza del giudizio invoca l'oscuro pensiero, esalta la grandezza dello spirito occulto con la perdita della franchezza immiserendo cosi' l' azione divenuta cogente. Il fare mafioso e' nelle sue micro rappresentazioni coerente e non necessariamente economico. Piu' precisamente e' il fare del non-mafioso' che diviene con il tempo infruttifero; l'azione mafiosa e' coerente con un sistema di principi e valori che cambia in continuazione e quindi sempre in anticipo per colui che non sa far di meglio essendo non-mafioso. La meritocrazia e' alienata dal passato che nel tempo ha inciso i solchi per la futura ed indiscussa vita dell'essere.
La camorra impiega un'incredibile miriade di individui per mantenere il sistema della camorra coerente. Alla stessa stregua la sacra corona unita e la mafia. Anche se il fare di tali individui non e' produttivo, ossia non partecipa al prodotto interno lordo direttamente, lo diviende comunque una volta che l'azione mafiosa ha trovato spazio nel libero mercato. Come ha recentemente confermato un politico Tarantino condannato nel passato per essere appartenuto ad associazioni a delinquere, la Sacra Corona Unita esegue un controllo serrato del territorio e quindi della sua economia. 
Il fare del non-mafioso e' sempre un divertimento, perdita di tempo, spreco di soldi, inutile avventura ossia un "non fare" non utile per la societa'. Ed infatti si sente dire: "Cosa sta facendo?" La risposta "Niente", fa sicuramente intuire da che parte si pone il soggetto dell'azione. Il mafioso non sapra' mai discutere, articolare, apprezzare il fare del non-mafioso. Contrariamente il danneggiamento economico causato al non-mafioso e' alla base dell'azione mafiosa cosi' esaltata, esageratamente positiva, utile e apparentemente sociale. Per il mafioso, la negazione della volonta' altrui e' indispensabile alla realizzazione della propria espressione, alla stessa stregua il pedofilo mafioso giustifica l'abuso come una esigenza corporea ammutolendo razionalita' e volonta' d'essere, dietro l'essere animale dato per natura.
Il mafioso 'porta pane'; il non mafioso porta solo 'la fame' e 'lavoro' ma non i soldi e come per divin castigo dovra' solo aspettare, poiche' solo la speranza e' poi dura a morire. Indispensabile quindi l'azione di prosciugamento economico ai danni del non-mafioso nei ranghi familiari. Questo accade sin dai primi anni di eta' dell'individuo, la sua mancata educazione mafiosa viene soppiantata dalla educazione alla segregazione ed alla ghettizzazione morale, politica ed economica. Negli anni avvenire sara' 'legato' da individui a lui sconosciuti che lo ostacoleranno con inganni, trappole e privazioni affinche' il nucleo originario che fece giustizia e lo giudico' nel passato abbia consistenza con il presente. L'immutabilita' di giudizio e' il tipico sintomo della mancata elasticita' mentale dei mafiosi.     
L'individuo non-mafioso viene pertanto privato della sua privacy, dignita', indipendenza economica per far si che questi non possa stabilire contatto con altri individui e stabilire un proprio nucleo indipendente da quello di origine familiare. Il plagio dell'individuo e' una condizione necessaria per alimentare l'economia mafiosa, mentre la schedatura nelle liste delle 'pecore' viene affidata a vari agenti che ricoprono ruoli cosidetti 'insospettabili' nella societa', da questo il vecchio detto mafioso "ti devi inginocchiare a quell'uomo". Il plagio dell'individuo puo' avvenire sia per il mafioso che per il non-mafioso. Le sovrastrutture statali sono al corrente del plagio dei vari individui ma si celano dietro i finti paraventi della mancata possibilita' di essere obiettivi nel giudicare il plagio. Evidenti sono i vari tentativi delle sovrastrutture di coprire il plagio insito nel fare mafioso: solo la razionalita' delle sovrastrutture giustifica l'onore del segreto quando questo distrugge se stessi a discapito del micro livello societale.
La sacra corona unita essendo un'organizzazzione capillare ed orizzontale utilizza ruoli della funzione pubblica dello stato per potersi infiltrare in maniera non sospettosa. Il vecchio detto mafioso "siamo proprio tanti e non potranno mai portare tutti noi in prigione" e' il primo passo verso la tanto amata rivoluzione che il mafioso sogna ad occhi aperti; i rappresentanti dello stato possono comunque essere dismessi ed essere arrestati in massa, cosa molto comune nelle aree ad alta densita' criminale.
Il non-mafioso sara' per tutta la sua vita ostacolato e danneggiato e nel suo fare dovra' aspettare per il mafioso per provvedere l'adeguata copertura al suo malaffare. Come "erba di tutto un fascio" la giustizia nega differenze, la misera attesa ed il danneggiamento morale sara' poi ripagato ad un prezzo sociale altissimo per poter reisenrire e riformare il mafioso nella societa'. L'apparente mistura di giudizio, immutabile nel tempo, prevede sin dall'inizio l'induzione del non-mafioso in errori e trappole per poi poter avvantaggiare il mafioso con misere briciole di falsi favoritismi evidenziati a beneficio del non-mafioso. Una promessa fatta al non-mafioso e' conseguentemente un favore nascosto a vantaggio dell'evasione del mafioso. Chiedendo al mafioso le ragioni per le sue fortune economiche, lo stesso non sapra' rispondere perche' e' in grado di riconoscere il fatto che queste violano tutto il sapere moderno dell'economia.
Il mafioso sara' solo in grado di delineare la ragione delle sue fortune grazie alla tessitura dei vari accordi che a ragion sua sono legali. La criminalita' organizzata di stampo mafioso prospera con la famiglia ed impone il matrimonio ed il sesso per proliferare negli ambienti familiari o prossimi e sempre conosciuti poiche' dovra necessariamente ricattare l'individuo a partire dalla sua nascita.

Il mafioso cosi' non dirige l'azione verso l'oggetto ma verso un'immagine dell'oggetto proiettata in uno spazio adiacente o parallelo a quello attuale; il soggetto mafioso cosi' facendo sfugge il piano d'azione reale ed il tempo impiegato ad eseguirla poiche' se il mafioso non aspetta, contrariamente il non-mafioso lo serve proteggendo a sua insaputa la sua grandezza elevandolo cosi' ulteriormente. Le due identita' agenti non hanno possibilita' di intersecarsi e confrontarsi poiche' nella dialettica mafiosa moderna un'azione si neutralizza sempre con un'opposto, ben conosciuto nei ranghi mafiosi. Tuttavia la relazione tra l'opposto e l'agente mafioso rimane segreta per sfuggire alla legge, alla coscienza collettiva alla scienza del sociale.
La coscienza mafiosa e', per cosi' dire, binaria ed ambivalente, poco riflessiva. Il suo linguaggio e' primordiale, poco affidabile, sempre precario per cui il simbolismo ne divora l'esistenza.
Al non-mafioso, schedato dagli agenti del potere mafioso, corrisponde sempre un'opposto, colui che e' normalizzato dal sistema delle mafie. Il mafioso esplora i limiti del suo opponente per far si che il sistema sia sempre coerente tra i ranghi mafiosi e non reali. Infatti il riciclaggio del denaro non teme concorrenza poiche' dovra' necessariamente essere una copertura che poco produce ma molto spende per poter neutralizzare e rendere inefficace un'azione pulita. L'azione pulita che non e' dedita alla mafiosita' si rivolge ad un pubblico reale e vivo: il fare del mafioso e' il fare del non fare niente, della neutralizzazione, l'osservazione costante con occhio distaccato, non pratico. Il mafioso e per lui gli agenti di mixaggio controllano sempre il fare del non-mafioso tramite una rete di conoscenti e praticanti poiche' paranoici di essere scoperti nella loro totale futilita'. La consistenza del sistema del 'fare mafioso' e'fragile ed e' perennemente rivisitata dagli stessi adepti come nel caso della camorra.
Gli ambienti ad alta disoccupazione e bassa istruzione sono mantenuti tali dagli stati mafiosi affinche' la mafia possa riempire con il suo 'fare' tutti i vuoti lasciati dai non-mafiosi e dai non-collaboratori. Un padre o una madre snaturata dediti all'azione mafiosa sono obbligati da un qualsiasi patto con la criminalita' organizzata a porre grandi difficolta ai loro figli non-mafiosi poiche' questi non sono protetti dallo stato. Il fare del figlio non-mafioso richiama cosi' edipo esaltando la figura mascolina del padre. 
L'azione dell'agente neutralizzatore mafioso in tutti i casi non perde mai negli occhi dei mafiosi poiche' e' di per se una copia dell'azione reale, ripulita e riciclata e quindi intenta a dislocare l'efficacia e la tracciabilita' dell'azione originale pulita,  dal piano reale e rilocarla in un discorso mafioso in cui linguaggio, costumi sono sconosciuti all' individuo non-mafioso ma riconoscibili dopo una attenta analisi. Il fare mafioso e' irrazionale, anti-economico, assurdo al limite della follia, il pensiero che ne dirige l'azione e' profondamente perverso. 
Un'azione mafiosa puo' solo delinearsi come un rifiuto dell' azione reale dedita al lavoro, al progresso alla ricchezza ed alla pacifica unione e convivenza. L'insinuarsi del fare mafioso nelle varie pieghe del vivere umano ne determina una degradazione a stadi pregressi ma mai una maturazione e completezza come diritto universale dell'essere: uno stato che ha i suoi rappresentanti mafiosi non fara' mai corrispondere ad una perdita della mafia una vittoria e liberazione del cittadino non-mafioso. Uno stato con rappresentanti mafiosi ai suoi vertici non premiera' esplicitamente coloro che combattono la mafia, non dichiarera' mai i premi che i non-mafiosi riceveranno con la lotta alla criminalita' organizzata.